Oltre due miliardi di persone si curano con erbe medicinali, massaggi, agopuntura. L’Organizzazione mondiale della sanità avvia un’indagine scientifica per valutare rischi e benefici.
Massaggi “orientali”, agopuntura ed erbe medicinali Doc con tanto di certificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità. La medicina tradizionale, diffusa in tutto il mondo e alla quale ricorrono almeno due miliardi di persone, viene per la prima volta indagata con metodi scientifici per valutarne rischi e benefici, aprendo la strada alla sua prima classificazione internazionale. La svolta è stata annunciata da Marie-Paule Kieny, dg per l’Innovazione, informazioni e ricerca dell’Oms che ha illustrato i dettagli del progetto tramite una nota dell’agenzia ginevrina.
«Assistiamo a una diffusione crescente del ricorso alla medicina tradizionale - ha detto Kieny -, e riconosciamo che il ricorso a questa pratica riguarda molte comunità. Specialmente nel Pacifico Occidentale, Sud-Est Asia, Africa e America Latina questo tipo di medicina è la fonte primaria dell’assistenza sanitaria». Nel resto del mondo, «in particolare Europa e Nord America, l’uso di erbe medicinali, l’agopuntura e altre pratiche di medicina tradizionale è in aumento, ma ancora mancano una classificazione globale e una terminologia adeguata». La classificazione internazionale dell’Oms fornirà criteri di analisi e di scelta per diagnosi e interventi, con un maxi database interattivo online delle pratiche diagnostiche e terapeutiche basate sull’evidenza scientifica.
La classificazione si concentrerà inizialmente sulle pratiche di medicina tradizionale in Cina, Giappone e Repubblica di Corea che si sono evolute e diffuse in tutto il mondo sulla scia dei fenomeni migratori. L’obiettivo finale è definire degli standard per la valutazione oggettiva dei potenziali benefici e tutelare il massiccio esercito di cittadini che in tutto il mondo si rivolgono ai rimedi “alternativi”. Diversi Paesi hanno già creato gli standard nazionali per la classificazione della medicina tradizionale, «ma non esiste una piattaforma internazionale che permette l’armonizzazione dei dati per uso clinico, epidemiologico e statistico» spiega Kieny. Una lacuna che ora l’Oms vuole colmare «per permettere a medici, ricercatori e responsabili politici un esaustivo controllo della sicurezza, l’efficacia, l’utilizzo, la spesa».
In Italia, la presenza di nutrite comunità di cittadini provenienti dalla Cina localizzate soprattutto nel Nord e in Toscana, e l’aumento di casi di intossicazione per assunzione di farmaci “contaminati” da erbe e integratori privi di certificato di garanzia, hanno spinto di recente il ministero della Salute a finanziare una ricerca su scala nazionale con lo scopo di definire efficacia e sicurezza dei prodotti a base di erbe, in particolare di quelli della medicina tradizionale cinese. «Alcuni di queste vicende hanno avuto conseguenze gravi per i pazienti», ha ricordato Alfredo Vannacci, ricercatore del centro di Farmacovigilanza e fitovigilanza dell’università di Firenze.
Sempre in provincia del capoluogo toscano, a Empoli, dall’inizio dell’anno è in funzione presso l’unità di Medicina naturale dell’ospedale San Giuseppe, il primo centro italiano di Etnomedicina, una struttura multidisciplinare specializzata nello studio dei rapporti tra la medicina popolare tradizionale e il moderno uso scientifico delle erbe, ovvero la fitoterapia. Il centro, come spiega Fabio Firenzuoli, presidente dell’Associazione nazionale medici fitoterapeuti e direttore a Empoli del centro regionale di riferimento per la Fitoterapia, «è l’anello di congiunzione tra le secolari pratiche mediche dei nostri nonni e la moderna medicina delle piante». Lo scopo di questa struttura è individuare, analizzare, recuperare e promuovere tutte le conoscenze delle terapie tradizionali. Si tratta peraltro di uno dei molti interventi della Regione Toscana in tema di medicine complementari, decisione che quindi si aggiunge a un percorso ormai consolidato e che contribuisce a definire una politica sanitaria d’avanguardia.
QUELL'AGO, PATRIMONIO DELL'UMANITA'
La Cina sta cercando di ottenere il riconoscimento di patrimonio culturale intangibile dell’umanità dell’Unesco, per l’agopuntura. Lo ha annunciato in conferenza stampa Wu Gang, vice direttore dell’amministrazione statale per la medicina tradizionale cinese. Wu ha detto che la richiesta è stata avanzata l’anno scorso e si attende il riconoscimento che, una volta ottenuto, potrebbe aiutare la conoscenza dell’agopuntura e della medicina tradizionale cinese, proteggendola. Già nel 2003 Pechino aveva tentato il riconoscimento di tutta la medicina tradizionale, che fu respinto, per poi spingere i funzionari cinesi a chiedere il riconoscimento per la sola agopuntura. Normalmente ci vogliono due anni affinché l’Unesco si pronunci su una decisione. La Cina ha circa 600.000 dottori autorizzati che praticano la medicina tradizionale, compresa l’agopuntura. La medicina tradizionale cinese, è stata ufficialmente riconosciuta anche in paesi stranieri, tra cui Giappone, Stati Uniti, Germania e Corea.
Federico Tulli
www.terranews.it
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